Madonna di Montevergine

mamma schiavona

 

Prima decade di Settembre
Località: Starza

ORIGINE DEL SANTUARIO


L'abbazia di Montevergine da quasi nove secoli è il più noto e venerato santuario mariano della Campania, meta di pellegrinaggio; è considerata una specie di casa comune, situata nel massiccio montuoso del Partenio, che domina la città di Avellino e l'ampia vallata del Sabato; fu fondata da un pellegrino diretto in Terra Santa, Guglielmo da Vercelli, il quale si ritirò sul monte detto Vergine, perché non ancora contaminato da strutture fatte dalle mani dell'uomo, con lo scopo di vivere solo con Dio.
La solitudine non durò a lungo e il silenzio fu interrotto da schiere di pellegrini, i quali andavano per chiedere all'uomo di Dio una preghiera e una benedizione. Molti chiesero di divenire suoi discepoli, tra cui un gruppo di sacerdoti. Fu necessario provvedere alla costruzione di un ospizio per i pellegrini, di una chiesa per il servizio divino e di un monastero per la nuova famiglia religiosa.
Durante la costruzione del complesso monastico arrivò un'artista di nome Gualtiero il quale era caduto da un'impalcatura ed aveva riportato la frattura di un braccio; per l'intercessione di San Guglielmo ritrovò l'articolazione dell'arto, vestì l'abito monastico e dipinse il dossale, detto Madonna di San Guglielmo.
Fu la prima icona esposta alla venerazione dei pellegrini. Nella Pentecoste del 1126 il vescovo Giovanni di Avellino consacrò la chiesa e tenne a battesimo la nuova famiglia monastica, che entrò nella storia della Chiesa col nome di congregazione di Montevergine.
Era l'epoca esaltante per il mezzogiorno d'Italia, infatti Guglielmo si accattivò subito la simpatia non solo dei signori locali ma anche quello del re Ruggero il quale gli affidò la pacificazione degli animi nelle terre di nuova conquista, l'assistenza ai viandanti e ai soldati. Messaggero di letizia e di concordia, San Gugliemo trascorse gli ultimi anni della sua vita in assidui viaggi apostolici per l'impianto di nuovi monasteri in diverse parti del Regno normanno. Dovunque si stabilirono, i monaci di Montevergine portarono e diffusero la devozione verso la Vergine del Partenio e organizzarono pellegrinaggi alla loro casa madre, la quale potette ben pre-sto divenire il santuario mariano più famoso del regno.
Un documento del 1139, accenna al significato morale al valore salvifico del pellegrinaggio al santuario di Montevergine. Un certo Fulco di Avella dona alla chiesa Santa Maria di Montevergine una terra arbustata, allo scopo di ottenere il perdono di tutti i suoi peccati, e aggiunge che a quella chiesa si portarono moltissimi cristiani per trovare la misericordia di Dio e ottenere il perdono dei loro peccati, mediante l'intercessione della Madonna e le preghiere dei monaci che ivi abitavano. Lo scambio tra preghiera e beni materiali sta alla base non solo delle offerte dei pellegrini ma anche delle grandi donazioni dei principi normanno-svevi e dei privilegi dei re di Sicilia, da Ruggero II a Manfredi.

 

MAMMA SCHIAVONA


Carlo I d'Angiò, con la vittoria su Manfredi del febbraio 1266 e con la de-capitazione del quattordicenne Corradino nell'ottobre 1268, inaugurò la dominazione angioina nel Mezzogiorno d'Italia. L'operazione era stata voluta dai papi di Roma: Innocenzo IV, Clemente IV.
I monaci di Montevergine, che da sempre avevano mantenuto buoni Rapporti con le autorità civili, approfittarono del nuovo regime e della vicinanza con la capitale, per avviare strettissimi rapporti di amicizia con i membri della famiglia reale e con la nuova nobiltà.
La Chiesa di Montevergine diventa un punto di riferimento e di approdo per i vivi e per i morti; in essa sorgono una cappella reale e tante altre cappelle. Sono gli anni in cui sulle cime del Partenio, in un'atmosfera di pietà religiosa e Popolare si verifica l' avvenimento più importante di tutta la storia del santuario: l'arrivo di una seconda icona la quale, quasi per incanto, sostituisce la Madonna di San Guglielmo e ne eredita la devozione, assume il titolo ufficiale di Madonna di Montevergine e dal popolo napoletano viene invocata con il nome di Mamma Schiavona.
Lo schema iconografico si inserisce nella tradizione delle cosiddette "Madonne di San Luca" tipicamente bizantine: al centro la madre di Dio col figlioletto sulla gamba sinistra, seduta su un trono regale, circondato da una schiera di otto angeli. Il fondo non interessato dalla pit-tura, è ricoperto da una lamina di ottone dorato, sulla quale sono ricavati tanti piccoli rombi con quattro gigli angioini lavorati a cesello. Anche le aureole dei singoli personaggi sono in ottone dorato finemente lavorato. Maria, dagli occhi aperti con le larghe pupille nere rivolte contemporaneamente al cielo, al figlio e ai fedeli in qualunque posizione questi si trovino, è l'unica figura veramente bella del grande quadro. Il bambino Gesù, seduto sul ginocchio sinistro della madre, alza appena la testolina alla ricerca dello sguardo materno; i due angeli sulle due estremità della spalliera del seggiolone e gli altri sei, schierati ai piedi della Vergine, sono figure troppo piccole rispetto alla principale, rimangono isolate ed estranee alla grandiosità del quadro.

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